I segni di un mercoledì.

Dello scorso mercoledì porto ancora i segni addosso.
Un livido sul ginocchio, il caldo sciolto sulla pancia, due punture di zanzara sul braccio destro.
La scia di una brezza timida lungo la schiena bagnata, l’odore del ferro arrugginito nei palmi delle mani, il sapore del doppio malto sulle labbra tumide di afa, il profumo del cocco incastrato tra i capelli e quello del muschio bianco lasciato per strada da chissà chi.
Il fragore delle risate lì dove l’anima si rilassa più rapidamente e il cinguettio di doppi sensi tra i bicchieri e le posate di un tavolo rosso e blu a strapiombo sul mare.
Lo stridore di taluni desideri che forse non combaciano con il resto lungo le gambe e la bramosia di nuovi ricordi da conservare nel cassetto più intimo, tra la lingerie e le magliette colorate.
E poi la voglia di rivederlo prendere vita e muoversi, quel mercoledì, nei medesimi luoghi in cui è nato, ci ha sorriso e poi è morto.

In sottofondo Two weeks – Grizzly Bear

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